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Monsieur Pedron

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2024 16:35
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unica e inimitabile
17/02/2024 09:42

Il paese di Sant’Eustachio da qualche centinaio di anni se ne sta abbarbicato sopra al lago.
Arrivando da valle, lungo la strada tortuosa, per prima cosa si incontra un arco massiccio, avanzo delle mura medievali. Attraversato quello, si apre una piazza deliziosa circondata su tre lati da negozi demodé e caffè all’ombra dei tigli. Uno strapiombo sul lago delimita il quarto lato.
Chi si sporge vede le vele piccine sullo specchio d’acqua e minuscole macchine che percorrono il lungolago.
La piazzetta è sempre piena di turisti che si lasciano cogliere dal vertiginoso panorama accompagnato dal profumo dei tigli in fiore. Fra questi ci sono anche visitatori abituali, che si siedono sempre agli stessi tavolini dello stesso caffè con lo sguardo puntato verso un negozio in particolare.
Dire negozio è una parola grossa, è la bottega di Monsieur Pedron, giusto una vetrina con una scritta dorata, una porta di vetro incorniciata di legno e nulla più.
Avvicinandosi si legge “Pedron - Perleria”. Sui ripiani rivestiti di velluto verde occhieggiano perle di ogni tipo e dimensione. Monsieur Pedron le trasforma in anelli, orecchini, bracciali e collane, non è nemmeno tanto caro come gioielliere. Le sue opere però acquistano valore appena lasciano la bottega, perché di perle come le sue non se ne erano mai viste.

Monsieur Pedron, che di nome faceva Otello, era nato a Sant’Eustachio. Dopo le elementari aveva frequentato le medie per finire a fare il garzone dal fabbro, su raccomandazione di una sorella minore di sua nonna. Otello, ancora sconosciuto ai più, lavorava di buona lena e imparava in fretta. Era un aiuto prezioso per il fabbro, non solo era veloce a sbrigare le commissioni, aveva anche imparato tutti i segreti di serrature e chiavi ed era in grado di produrre ringhiere, cancelli e inferriate di ogni genere. Con il tempo la sua specialità divennero le decorazioni: minimi dettagli lavorati in ferro che ricordavano trine, talmente erano fini.
Quando poteva, Otello scendeva al lago, raccoglieva conchiglie e sassi lisciati dalle onde, e nel tempo libero li trasformava in poveri gioielli di ferro.
In questo modo conquistò Nilde, che per farsi il doppione delle chiavi di casa, vide per sbaglio un vetro levigato dal lago incastonato in complesse volute di metallo.
Nilde non ebbe il coraggio di chiedere nulla, ma non ne staccava gli occhi, e Otello a sua volta non riusciva a volgere lo sguardo da quella ragazza dagli enormi occhi bovini. Era un bel problema: Otello non aveva mai fatto la corte a una ragazza e Nilde nemmeno sapeva cosa fosse uno spasimante.
Ciò nonostante, ogni giorno Nilde aspettava trepidante Otello nella bottega del padre vedovo, che era il panettiere. Lui, dinoccolato, attraversava la piazza e lei già iniziava a confezionare il panino alle uvette maledicendosi ogni volta perché, così facendo, riduceva il tempo in cui poteva godere della presenza di Otello. Era chiaro che non si poteva andare avanti così.
Allo scoccare dei ventitré anni Otello chiese in moglie Nilde, i rispettivi genitori approvarono e a nozze fatte Otello andò a vivere con sua moglie sopra alla bottega. Smise di fare il fabbro e iniziò la carriera di panettiere.
Continuava però a scendere al lago a raccogliere materiale per i suoi gioielli di ferro, che regolarmente regalava a sua moglie.
Il suocero faceva il pane e la giovane coppia dietro al bancone serviva tutto il paese e anche i pochi turisti.
Le signore di Sant’Eustachio notavano i gioielli particolari della Nilde e, domanda dopo domanda, scoprirono il passatempo di Otello. La moglie del sindaco addirittura a tutti i costi ne voleva uno per sé, ma, nonostante le sue insistenze, non lo ottenne.
Poco tempo dopo il suocero, sapendo sia la figlia che la bottega in buone mani, morì sereno nel sonno.
Nemmeno una settimana dopo Nilde sfoggiava degli straordinari orecchini di perle grigie e acciaio.
La moglie del sindaco ritornò all’attacco, voleva a tutti i costi anche lei un gioiello con una perla così bella e vellutata. Tanto fece che Otello a malincuore ne creò uno per lei e, siccome gli stava un tantino antipatica, glielo mise in conto assieme alla schiacciata.
Sant’Eustachio era un paese come tutti gli altri e non poteva essere che ciò che indossava la moglie del sindaco, non lo desiderasse anche la moglie del notaio, del farmacista, dell’avvocato. Arrivavano anche le signore dei paesi vicini offrendo somme esagerate pur di avere un gioiello creato da Otello con una delle sue meravigliose perle.
Nilde e Otello non riuscivano quasi più a fare il pane, tanto lavoro c’era a creare gioielli. I guadagni erano talmente buoni che Otello, incoraggiato da Nilde, iniziò a lavorare oro bianco, giallo e rosso, assieme al platino e all’argento. Così decisero, di trasformare la panetteria in una perleria.
A dire il vero nemmeno sapevano se esistesse un negozio di quel genere, ma poco importava loro, mentre, durante una settimana di chiusura, rivestivano di velluto verde i piani della vetrina, davano una ripulita al bancone del pane e trasformavano il laboratorio del pane in quello di un orefice. Tutti e due pensavano, però, di non potersi fregiare del titolo di “gioiellieri”, perché non lavoravano altro che perle.
Così a poco meno di venticinque anni Otello era il fiero padrone della “Pedron - Perleria” mentre Nilde scopriva di essere incinta.
Le malelingue del paese non si capacitavano del fatto che Otello, adesso così elegante, un vero fusto, potesse rimanere sposato e addirittura farci un figlio con quella Nilde dagli occhi slabbrati di un bue. Con la gravidanza Nilde si era oltremodo arrotondata, ma Otello continuava ad amarla con tutto sé stesso. Avevano preso l’abitudine di ascoltare l’opera, perché pareva facesse bene alla gravidanza e così durante le sere d’estate Rossini, Verdi e Donizetti leggermente attutiti dai tigli facevano compagnia agli avventori dei caffè in piazza.
In autunno nacque Dorabella e la vetrina della “Pedron – Perleria” si arricchì di perle di ogni colore e foggia.
La clientela abbondava e Otello con le sue creazioni non aveva mancato di attirare l’attenzione.
Personaggi famosi si servivano da lui: politici, attrici e ricconi di ogni tipo erano suoi clienti fissi. Addirittura, la casa reale aveva ordinato un diadema da tè.
Non aveva bisogno di pubblicità: la “Pedron – Perleria” era sulla bocca di tutti, oltre che al collo, alle orecchie e mani delle più belle e famose signore.
A Otello interessava poco, a lui piaceva creare e lasciare andare le sue opere per il mondo.
Nilde invece ritagliava le foto dai giornali e le incollava una per una sulle pagine di un album che ogni sera rimirava ascoltando le opere.
Si sa che al successo si accompagna l’invidia.
In mezzo alle diverse clienti si mescolavano anche gioiellieri che non si capacitavano della bellezza e perfezione di quelle perle. Non era solo una questione di forma e misura, erano le colorazioni ad essere quasi impossibili. Alla Perleria si trovavano perle grigie, rosa, nere, candide, marroni e anche in qualsiasi tonalità di verde e giallo. Nell’ambiente degli orefici tutti si chiedevano chi fosse il fornitore del Pedron.
Non volendo chiederglielo direttamente, ce n’erano alcuni che si appostavano davanti al negozio per seguirlo quando scendeva al lago; poi nel punto dove lui si era fermato a raccogliere un sassetto lisciato dalle onde, sguinzagliavano orde di sommozzatori alla ricerca delle introvabili ostriche del Pedron. Otello non si lasciava distrarre da tutte queste manovre e continuava a seguire le sue faccende.
Assodato che dal lago non potevano venire, facevano turni di guardia davanti e dietro il negozio per non perdersi nemmeno un fornitore. I più esperti sostenevano che quelle perle potevano arrivare solo dal Giappone o dalla Nuova Guinea, mentre altri optavano per Tahiti e lo Sri Lanka.
La realtà dei fatti era che nessuno aveva idea di dove il Pedron si procurasse quelle meraviglie della natura e lui, da parte sua, continuava la sua vita creando gioielli e ignorando tutto questo movimento attorno a sé.
Certo, quando Otello Pedron, dopo la messa, portava la moglie e la figlia al Caffè Centrale, non mancavano i concittadini che gli facevano complimenti e lo ringraziavano. Del resto, era innegabile che proprio grazie alla sua arte Sant’Eustachio era rinata, diventando meta turistica con gran vantaggio per tutti i paesani.
Una domenica mentre Otello e Nilde prendevano il loro Gingerino e Dorabella sorbiva il suo succo di albicocca con la cannuccia, si avvicinò un signore in completo gessato e bombetta.
“Monsieur Pedron, posso conferire un momento con lei?”
Aveva pronunciato Pedron come se il nome fosse rimasto incastrato nel naso e al contempo lo aveva reso elegante e internazionale. I compaesani a sentirlo si misero a ridacchiare e lo ripeterono di tavolino in tavolino fino a farlo arrivare dentro alle case e da lì a diffonderlo dappertutto. Da quel momento, anche se nessuno ancora lo sapeva davvero, Otello era diventato Monsieur Pedron e tale sarebbe rimasto fino alla sua fine.
Otello alzò gli occhi e guardò quello straniero così anziano e fine:” Prego?”
“Monsieur Pedron, mi chiamo Jean Paul Sortany e sono il socio di maggioranza della Moribier.”
Calò il silenzio sulla piazza, tutti conoscevano la Moribier. Cosa potevano volere da Otello? Mica glielo volevano portare via per fargli fare gioielli a cottimo in Francia. Senza Otello andava a finire che non sarebbero nemmeno più venuti i turisti a Sant’Eustachio.
Sentendosi osservato lo straniero si raddrizzò e con una certa spocchia, aggravata dalla erre moscia, disse:” Mi dia il nome del suo fornitore di perle, mi voglio servire anch’io da lui.”
Ecco, questa era la domanda che si erano già posti in molti, in paese però nessuno voleva saperlo davvero, bastava che la Perleria continuasse a produrre per il bene della famiglia Pedron e del paese tutto.
Il no detto da Otello attraversò la piazza come un ‘onda sismica: era nato un segreto a Sant’Eustachio, un segreto che tutti i paesani si sentivano in dovere di proteggere.
“Sparisci, baguette, e non importunare monsieur Pedron!” disse il primo, a ruota tutti gli altri paesani insultarono e scacciarono sbeffeggiando il francese.
Monsieur Pedron e Sant’Eustachio erano salvi.

A distanza di anni, Monsieur Pedron è vedovo e si sente anziano nonostante non raggiunga i sessant’anni. Ha nostalgia della moglie venuta a mancare. Nemmeno creare gioielli gli dà più gioia, tanto che ha assunto un orafo che gli desse una mano. Si chiama Gregorio. Il suo stile è completamente diverso, ma le perle rimangono sempre le più speciali di sempre. Lo preoccupa anche Dorabella, che ha gli stessi occhi della madre e a trent’anni suonati non ha trovato ancora nessuno a cui accompagnarsi. Sono i soliti pensieri da vecchio che gli vengono mentre scende in negozio dove trova entrambe chinati sul bancone a studiare un paio di orecchini di perle gialle.
“Papà, ti dobbiamo parlare.”
Otello ha sempre temuto i grandi dialoghi, ma rassegnato fa segno di sì con la testa.
“Monsieur Pedron, Dorabella ed io ci amiamo da qualche tempo. E, non so come dirglielo, ma aspettiamo un figlio e vorremmo sposarci con la sua benedizione.”
Sorpresa, commozione, felicità, preoccupazione, non sa cosa provare Otello a quella notizia, si rende conto di essere stato cieco e sordo nel suo laboratorio.
Alla fine, vince la gioia. Emozionato e un po’ridicolo Otello dice: “Vi benedico!”
Dorabella si commuove e, come capitava a sua madre, le sue lacrime rimbalzano sotto forma di perla sul bancone. Sono tutte di un luminoso rosa color della gratitudine.
Gregorio abbraccia la sua futura moglie prima di raccogliere le perle e per Otello non è più un mistero da dove fossero spuntate tutte quelle perle gialle di felicità.

A distanza di anni Monsieur Pedron sorseggia il suo pastis con mosca osservando l’insegna del negozio. Si può permettere di stare in piazza al caffè da quando c’è scritto “Pedron e famiglia – Perleria” e se lo vuole permettere da quando è nonno. I suoi nipoti sono la sua gioia: due maschi e una femmina, ormai giovani adulti.
Il più vecchio, Alfredo, ha deciso di aprire una farmacia di fianco alla Perleria, il più piccolo, Rodolfo, segue le orme del padre e produce delle preziose meraviglie. Flora, la mediana, invece studia e scrive, e forse lo farà per tutta la vita. Può darsi che addirittura scriva la storia di sua nonna Nilde e delle sue lacrime prodigiose, tralasciando forse di aver ereditato lo stesso dono.
Sul tavolino di fianco al bicchiere c’è un piccolo pacchetto, è il regalo per il ventesimo compleanno di Flora. Quando lei attraversa la piazza per tornare a casa, Monsieur Pedron la chiama con un gesto delle mani macchiate e le porge il pacchettino.
“Grazie, nonno” e gli schiocca un bacio in fronte
“È il portalacrime di tua nonna. Buon compleanno, tesoro.”

E così Sant’Eustachio continua ad essere un piccolo paese turistico, i visitatori continuano a sporgersi sul dirupo per stupirsi dei barchini e delle macchine piccine, e all’ombra dei tigli la concorrenza è ancora alla ricerca degli sfuggenti fornitori di perle della “Pedron e famiglia – Perleria”.

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17/02/2024 11:39

Rabe...
Ma che belloooo 😍

Seriamente eh, questa mini racconto meriterebbe di partecipare e chissà magari anche vincere un concorso di scrittura.

Ed anche se, le lacrimucce di commozione che scappano via mentre lo leggi non diventano perle, sono comunque un piccolo ma prezioso premio, per te che ce l'hai regalato 🌺
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17/02/2024 11:59

Caos, sei sempre gentilissimo...
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18/02/2024 08:40

Bella, letta ieri.
Stamattina mi sono svegliata con una domanda però...ma quanto ha pianto Nilde nella sua vita?


-+-+-+-+-+-+-+-
Cadi sette volte, rialzati otto
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18/02/2024 11:16

Parecchio... hahahaha... donna molto emotiva
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18/02/2024 12:05

LaPeppa (V7fd221203), 18/02/2024 08:40:

Bella, letta ieri.
Stamattina mi sono svegliata con una domanda però...ma quanto ha pianto Nilde nella sua vita?

E su questo commento mi sorge spontanea una domanda...

Ma voi quanto spesso piangete durante la settimana?

Vale anche la lacrima di commozione guardando un film, leggendo un capitolo di un libro, o per quella sensazione di gratitudine e felicità per essere ancora vivi a guardare un tramonto o ad ascoltare i rumori del bosco...

No perché, a me capita tutti i giorni eh, ed anche più volte al giorno...

Sono strano? O le mie sono lacrime di coccodrillo? 🤔
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18/02/2024 12:11

Cococdrilone, anche a me l'occhio si inumidisce nei giorni pari e in quelli dispari pure.
Mi commuovo anche mentre scrivo le mie storie
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Post: 5.283
Sesso: Femminile
18/02/2024 12:33

In questo periodo spessissimo.
Lacrime di commozione, la maggior parte. Anche di rabbia e malinconia.
A volte sono lacrime di bellezza.
Mi chiedo quali colori assumano le perle a seconda del sentimento che le causano.


-+-+-+-+-+-+-+-
Cadi sette volte, rialzati otto
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Post: 45
Età: 59
Sesso: Maschile
02/03/2024 16:35

Mi piace questo racconto, tenero, con un segreto da tramandare che fa la fortuna di chi sposa una donna dagli occhi grandi, anche se non tanto belli. Se le lacrime fossero perle... ecco.
Complimenti Rabe.
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